Come affrontare il paziente che lamenta dolore in una parte del corpo? Quali manovre ci permettono di capire i meccanismi che lo generano? Quali elementi ci permettono non solo di capirne l’origine ma anche di programmare una cura appropriata ed efficace? E’ chiaro che si deve seguire un metodo che ci guidi nel labirinto in cui entriamo raggiungendo ogni volta precisi e successivi traguardi.  La diagnosi e quindi la cura non può basarsi sull’intensità del dolore dichiarato, non può vivere nel dilemma tra nocicettivo e neuropatico o ancor più essere trascinata dal termine “cronico” con cui vengono etichettati i dolori che per vari motivi perdurano nel tempo. La diagnosi deve tener conto di quali tessuti sono stati coinvolti, di quale meccanismo patogenetico è insorto e di quanti fattori di stimolazione di volta in volta agiscono, senza dimenticare il contesto psicosociale.

Quali strumenti di formazione possono essere utili a chi vuole percorrere la strada della “Terapia del Dolore”? Questa recente disciplina ha alcuni aspetti fondamentali: la diagnosi ovvero la ricerca dei meccanismi che sottendono al dolore, l’appropriatezza della scelta della cura farmacologica e/o mininvasiva, la valutazione del risultato ottenuto e la gestione di una relazione di cura continua. Gli ostacoli da superare sono la superficialità dell’approccio al paziente con dolore basato sulla sua intensità e patologia sottostante, la scelta di una cura basata sulle proprie attitudini o abitudini, il rapido abbandono del paziente al proprio destino. Benché ritenga fondamentale una lunga frequenza in un Centro di Terapia del dolore, propongo questi scritti, che ho chiamato manuali pratici risalendo alla traduzione del greco "enchiridion" (ἐνχειρίδιον) che indica un oggetto da tenere a portata di mano (en-cheir) durante l’esame clinico del paziente e nella scelta della cura. 


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